“Perché sempre venga ricordato questo fatto”
Erano circa le ore 6 dell’ultimo giorno dell’anno 1788.
In Caldonazzo, paese che da settentrione si allunga verso mezzogiorno per circa mezzo miglio, nell’ultima casa, posta all’estremità settentrionale del paese, per un’inavvertenza, prende fuoco la paglia nella stalla ed immediatamente dà luogo ad un incendio spaventoso. La casa è di proprietà di Angelo Ciola.
Da tramontana, cioè dalla parte del Lago, soffiava un vento così violento e continuo da sollevare le scandole di legno dai tetti delle case da spingerle, mezze bruciate, persino sulle lontane cime di Monteroro e Vezzena che si elevano di fronte a Caldonazzo.
Sui tetti delle case presso la chiesa, che si trova all’estremità meridionale del paese, gli uomini stavano vigilanti, pronti a spegnere le ardenti scintille che il vento portava tanto lontano; tutti temevano che l’intero paese venisse divorato dalle fiamme che avanzavano, con la velocità del fulmine dritte verso mezzogiorno.
Inoltre il timore, lo spavento erano ancora più grandi poiché, per il freddissimo inverno erano gelati tutti i ruscelli vicini, tutte le fontane e nelle case c’era quella poca acqua che, di giorno, gli abitanti trasportavano dal fiume Brenta, lontano un miglio dal paese; perciò da tutte le case si alzavano grida e urla di disperazione.
Generosamente e coraggiosamente erano accorsi gli abitanti dei paesi vicini, ma per la potenza del vento e la mancanza dell’acqua non potevasno portare l’iauto necessario.
La Fede che, nel mare di Galilea, salvò gli apostoli dal naufragio, quella fede, che fece esclamare: “Signore, salvaci, che periamo!”, quella fede salvò anche buona parte del nostro paese.
Don Giuseppe Cominelli, che arrivava da Borgo per recarsi al palazzo dei nobili Eccher (presso la chiesa) fu raggiunto da alcuni abitanti. Entrò in chiesa e, levato dal tabernacolo il Santissimo Sacramento, s’affrettò verso il luogo dell’incendio.
Dalla parte opposta veniva Padre Francesco da Pergine chiamato per assistere all’agonia del curato Giovan Battista de Eccher.
Don Cominelli stanco, spaventato, intirizzito dal freddo consegnò al Padre il Santissimo e il Padre, corse verso dove più avanzavano le fiamme. Il religioso fece un Segno di Croce alzando il S.S. Sacramento.
E avvenne il miracolo!
Come nel Mare di Galilea il Divino Maestro svegliato all’ invocazione degli Apostoli, con uno sguardo ridiede perfetta calma all’Onda in burrasca, così lo stesso Gesù, nel Santissimo Sacramento comandò al vento, e il vento obbediente, nel medesimo istante che tracciava il Segno di Croce, cambiò direzione.
Dall’ultima casa che fu bruciata (di proprietà Ferrari), si diresse verso Levante, rovesciando e bruciando per un lungo tratto di alberi degli orti (di Tamanini e Ferrari), ma non continuò più verso Mezzogiorno e il resto del paese fu salvo.
Erano state incendiate 32 case.
Tutti gli abitanti di Caldonazzo e dei paesi vicini riconobbero la presenza di Dio: tutto era avvenuto improvvisamente, il cielo era sereno, solo il vento aveva cambiato direzione, obbedendo al cenno di Dio, proprio com’era avvenuto davanti agli Apostoli spaventati.
La “memoria” di questo miracolo è stata scritta per la prima volta nel 1840; fino ad allora era stata tramandata da padre in figlio a viva voce e l’ascoltavano anche i forestieri quando venivano tra noi.
Già fin d’allora, per testimoniare e rendere grazie, si stabilì di ricordare devotamente il fatto miracoloso: in ogni ultimo giorno dell’anno, la Santa Messa si concluderà con la benedizione col Santissimo Sacramento e con il canto del Te Deum.
La “memoria”, sottoscritta dal parroco di Calceranica e dal curato di Caldonazzo, porta le firme di quelli “ancor viventi” che furono testimoni oculari e di parenti o di chi l’ha ascoltata. Hanno prestato giuramento davanti al Curato don Michele Murara.
Ad oggi sono 232 anni che Caldonazzo fa fede al suo voto.
A Dio Trino ed Unico, Signore del tempo e della storia, Lode e Gloria per tutti i secoli dei secoli. Amen.