Camminiamo Insieme

XXIVa DEL TEMPO ORDINARIO

VANGELO (Gv 3,13-17)
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
«Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».

Commento
Nel logo di quest’anno giubilare, la prima delle quattro figure stilizzate indicanti l’umanità proveniente dai quattro angoli del-la terra, abbracciate l’una all’altra come sorelle solidali, si ag-grappa alla croce. Per un cristiano quel legno è l’albero della vi-ta, l’altare della nuova alleanza, la prova dell’amore di Dio in Cristo.
Nell’antica festa dell’esaltazione della croce, in Oriente parago-nata a quella della Pasqua, non onoriamo un segno di violenza o di prepotenza, né l’arte di decoratori e orefici. Esaltiamo l’amore di chi, nella sofferenza più estrema del fisico e della psiche, ha avuto il coraggio di attraversarla senza odio, ira e condanna. Ha tenuto fermo lo sguardo in alto, nell’umile accet-tazione della propria realtà terrena. Il mondo è salvo grazie alla finestra che ha aperto sull’eternità: chi è da Dio non perisce, se non per breve tempo, e nell’apparenza delle mortali spoglie. Vola verso la vita piena, la dimora nei cieli, la visione di Dio faccia a faccia.
Lo sguardo che rivolgiamo alla croce ci insegna ad accorgerci di tutti i crocifissi del mondo: dalla guerra, dai soprusi, dalle ingiustizie; ma anche dai giudizi, dalle solitudini, dall’invisibilità. Ci insegna ad evitare di essere carnefici, ma anche complici con i nostri silenzi. Ci insegna a passare all’azione dopo aver provato commozione, impegnandoci e lot-tando per la costruzione di un mondo dove nessuna croce pos-sa avere asilo. Ci insegna a coltivare la speranza che ogni cro-ce sia redenta. Dall’amore.


LA TUA CROCE E LA MIA

Quando è davvero duro portare la propria croce, Signore,
ricordaci di osservare la tua.
Quando ci lamentiamo di chi ci offende,
trascura o abbandona,
facci pensare alla tua passione,
agli Apostoli assenti,
alle donne impotenti,
ai giusti silenti.
Quando il peso della vita sembra insopportabile,
quando ci sentiamo distrutti
o ci manca il fiato per camminare,
insegnaci ad aggiungere solo un passo,
a tenere il cuore e l’anima accesi,
a cadere con la fiducia di poterci rialzare.
Quando il buio sovrasta la nostra storia,
il nulla inquina la nostra fede,
il futuro pare inequivocabilmente finito,
dicci che il male si può attraversare
guardando più lontano,
dando la possibilità al bene di risorgere,
al giorno di ritornare,
a Dio di dimorare.
Quando non ci resta che una briciola
di ciò che eravamo, un’ombra nella notte
e un istante di questa vita,
dicci che è abbastanza
perché Dio ne faccia il nostro capolavoro
e ci prenda con sé.

 

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