L’insicurezza che il Covid-19 ha portato con sé non ha risparmiato la Chiesa, che deve cercare di tornare al nocciolo del cristianesimo: il cuore di Gesù. E’ il messaggio del vescovo di Bolzano e Bressanone Ivo Muser ai preti trentini, riuniti nella mattinata di venerdì 11 giugno (solennità del S. Cuore di Gesù) nella chiesa di san Giuseppe a Trento per il loro ritiro spirituale di fine anno pastorale.
“Grazie per questo invito che mi dà la possibilità di ritornare alle mie origini trentine, perché il mio nonno materno era di Mezzolombardo”, ha rammentato Muser, dopo il saluto dell’arcivescovo di Trento Lauro Tisi e del vicario per il clero don Ferruccio Furlan. In avvio della meditazione il vescovo di Bolzano-Bressanone ha ricordato l’importanza che la festa del Sacro Cuore riveste in Alto Adige. Ed ha quindi ripreso e commentato le parole della lettera pastorale “Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto”, che nel 2009 i vescovi Alois Kolthgasser (Salisburgo), Luigi Bressan (Trento), Manfred Scheuer (Innsbruck) e Karl Golser (Bolzano-Bressanone) avevano rivolto ai fedeli delle loro Diocesi. Dal documento emerge il nucleo del messaggio che Ivo Muser ha voluto trasmettere al clero trentino, e cioè l’essenzialità del cuore di Gesù per il cristianesimo. “In questo cuore divino e umano – ha detto il Vescovo – ci è stata rivelata e donata tutta la realtà rivoluzionaria del Vangelo, l’amore che ci salva. Questo cuore chiama il nostro cuore, ci invita a uscire da noi stessi e ad abbandonare tutte le nostre sicurezze umane per fidarci di lui”.
Gesù ha voluto provare ciò che l’uomo sente. “Non possiamo dirgli: ‘Signore, cosa ne vuoi sapere, tu, di quello che provo?’ – ha spiegato Muser – perché quello che passiamo l’ha passato anche lui”.
Recuperare il cuore del messaggio cristiano significa anche andare in profondità e darsi tempo. Il tema dell’anno pastorale 2020-2021 della Diocesi di Bolzano e Bressanone, ha spiegato Muser, era proprio “Sulla tua parola: darsi tempo per…”. “Quando l’abbiamo deciso, nel gennaio del 2020, non avevamo idea di quanto sarebbe stato attuale solo qualche settimana dopo – ha spiegato il Vescovo -. Abbiamo pensato che, come Chiesa, ci trovavamo in un momento di forti cambiamenti e avevamo bisogno di un momento di pausa, prendendoci il tempo per ciò che è veramente importante. Col Covid-19, improvvisamente quel ‘prendersi tempo’ ha acquistato un significato diverso. Tutto è cambiato, tutto è crollato. Ricordiamo i tanti morti in tutto il mondo e nella nostra regione, e affidiamo a Gesù i molti sacerdoti trentini, ma anche i tredici sacerdoti e religiosi della mia Diocesi, colpiti dal Covid-19”.
La pandemia non ha esposto all’incertezza solo la società e l’economia. “Siamo diventati più insicuri anche del nostro rapporto con la fede e con la Chiesa”, ha detto Ivo Muser. “Certo, non possiamo rimanere con le mani in mano. Ma anche l’azionismo ad ogni costo non ci porterà da nessuna parte. Più che recuperare il tempo perduto con un doppio carico di lavoro, sarà molto più importante domandarci cosa è essenziale e costituisce la qualità del nostro lavoro ecclesiale. Per dirlo con un’immagine legata alla festa del S. Cuore, dovremo domandarci qual è il cuore che muove il nostro agire. La risposta non può che essere quel Cristo sulla croce che incontra tutti, soprattutto i poveri e i sofferenti. E non lo troveremo là dove siamo più forti, ma dove siamo deboli e vulnerabili”. (Ha collaborato Marianna Malpaga)