Carissimi fratelli in cammino,
sento il desiderio di condividere alcune sensazioni che ha suscitato in me questa Quaresima non programmata, ma imposta dal Coronavirus.
Devo dire anzitutto che essa ha acuito in me una grande nostalgia di tutti voi. Sembrava scontato incontrarsi, salutarsi, pregare insieme, fare una battuta, chiedere un’informazione.
Siamo stati messi in quarantena. Ma questo mi fa sentire un profondo desiderio di Pasqua, di vita nuova, di potermi ritrovare in libertà a far festa con tutti, a gioire insieme. E mi aiuta a capire in modo nuovo il cammino della Chiesa fatto di Quaresima e di Pasqua; e il fatto che il desiderio di comunione non è un rito ecclesiastico ma una dimensione impressa nel profondo di ognuno di noi.
Il virus mi fa poi capire come ognuno può essere contagioso per gli altri e come gli altri lo possono essere per noi, anche senza rendersene conto. Questo ci carica di responsabilità nel cercare di rimanere il più possibile in casa o comunque a distanza dagli altri. Ma mi aiuta anche a capire meglio come il male da cui difendere gli altri, secondo le parole di Gesù, non è fuori di noi ma dentro di noi. E’ dal profondo del nostro cuore infatti che provengono “propositi malvagi, omicidi, adulteri, impurità, furti, false testimonianze, calunnie,…” (Mt. 15,18). E questo ci mette in guardia dal contaminare gli altri e dal lasciarcene contaminare.
Questo isolamento ha dato pure una dimensione diversa alla mia preghiera. Celebrare la Messa da solo, pregare da solo mi è di grande aiuto a non fare le cose perché le fan tutti, tanto per farle o tirandole giù a qualche verso. Sono io davanti a Gesù, non più condizionato dagli altri. Questo fa emergere la verità ma anche la povertà e la fatica della mia fede. E mi fa sentire vero il rimprovero di Isaia che mi dice: “questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Perciò stracciatevi il cuore e non le vesti”.
Mi spiace per tutti gli anziani ed ammalati che al momento non posso visitare ma che saluto e ai quali sono vicino con la mia preghiera.
Avevamo tanti programmi: battesimi, confessioni, prime comunioni, cresime, matrimoni, grandi feste, tanti legami comunitari: ma un semplice virus mi fa capire quanto incerte sono le mie sicurezze, quanto bisogno ho di rafforzare il mio legame con Gesù.
Ho accompagnato a sepoltura fratelli e sorelle con una preghiera ridotta all’essenziale. Ma questo non toglie ciò che più conta: l’appuntamento con Gesù che ci aspetta a braccia aperte.
Scusatemi, sono pensieri miei, ma se possono essere di aiuto a qualcuno, li condivido volentieri.
E andiamo avanti con forza. Chi ci libera da ogni schiavitù è sempre il sangue di un agnello che comunque festeggeremo a Pasqua approfittando degli appuntamenti che grazie alla televisione ci sono resi possibili.
Grazie a tutti e a presto.
don Emilio