Camminiamo Insieme

4^ DOMENICA DI PASQUA
Dal Vangelo secondo Giovanni
(Gv; 10,11-18)

In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.
Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio»


Commento
L’immagine del pastore, che la liturgia ripropone tutti gli anni nel tempo di Pasqua, oggi forse ci rimanda a un contesto povero e frugale, ormai superato dalle attuali tecniche agrarie. Invece nell’antico Oriente era piuttosto frequente e associata ai capi del popolo. Era ovvio che non tutti i pastori tenessero al bene delle proprie pecore, intesi come propri sudditi. In particolare, a partire dall’esilio il titolo di pastore era riservato al Messia che si sarebbe messo alla testa del suo popolo per riscattarlo dai cattivi pastori che l’avevano guidato in precedenza. Il modello era Dio stesso, cantato nel salmo 23.
Gesù si identifica con quel pastore atteso, aggettivandolo con una parola ebraica che può significare “buono”, ma anche “bello” e “utile”. Per spiegarsi meglio ci dice di conoscere ogni pecora, di tenerci così tanto a ciascuna da essere disposto a dare la vita per lei. È preoccupato anche per le pecore che non sono nel suo recinto e che sente ugualmente affidate a sé. Sapranno riconoscere la sua voce affezionata e si uniranno al gregge.
Fuor di metafora, tutti siamo coinvolti da questo desiderio di Gesù di condurci alla vita piena. Sentiamoci amati, cercati, protetti, curati e salvati da Gesù. E impariamo da lui la stessa qualità e intensità dell’amore: essere attenti all’altro, fargli sentire la propria vicinanza, proteggerlo dal male, attenderlo quando è rimasto indietro… fino a offrire la propria vita per lui.

 


FAMMI ESSERE BUON PASTORE

Donami, Signore,
la saggezza del buon pastore.
Quello che conosce ogni pecora,
che comprende i suoi movimenti,
che previene i pericoli per la sua salute.
Quello che trova i gesti e le parole
per guidarla ai pascoli migliori,
per condurla al sicuro nell’ovile.

Donami, Signore,
la pazienza del buon pastore.
Quello che non conta le ore del proprio lavoro,
quello che le segue da lontano,
lasciandole libere di vagare,
di trovare la loro strada,
ma aspettando con trepidazione il loro ritorno.

Donami, Signore,
l’affetto del buon pastore.
Quello sentimentalmente legato a ciascuna,
che difende con la sua vita dal pericolo del lupo,
corre a cercare la pecorella smarrita
e fa festa quando riesce a recuperarla.

Fammi essere buon pastore
incontrando le persone
come membro di una comunità,
come educatore,
come padre… fratello… figlio.