
SANTISSIMA TRINITA’
VANGELO (Gv; 3,16-18)
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo:
«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».
Commento
Quanto è bella la voce limpida di un solista, intonata e profonda, variegata e sinuosa. Così come è piacevole il tratto di un artista, il volteggio di una pattinatrice, la grazia di un verso di poesia. Cose che diventano ancor più meravigliose quando si compongono in un quadro, una danza, una lirica, un coro.
Gesù ci ha fatto comprendere che il nostro Dio non è solo, ma una Trinità di persone che si muovono all’unisono, come in una allegra danza d’amore. Questa è la realtà divina: amore smisurato, cioè traboccante e incontenibile; benevolenza gratuita e attenzione speciale ai miseri; comunione tra differenze, doni reciproci per il bene del tutto; unità di intenti e di sentimenti. D’altronde, come potrebbe esserci amore tra sé e sé? Come era possibile l’amore prima della creazione, se non tra Persone divine?
La Trinità cristiana per la ragione umana resta parzialmente un mistero, una rivelazione che possiamo intuire e realizzare soltanto avvicinandoci un po’ alla meta. Le nostre armonie non sono mai perfette, difficilmente riusciamo a esprimerci all’unisono. Il compito della Chiesa è quello di mostrare al mondo l’immagine di questo Dio. Ma dobbiamo riconoscere che abbiamo molto da imparare. Come i cori che necessitano di tempi lunghi di prove, per affinare il risultato. Con l’impegno continuo di tutti, i consigli del Maestro, la cura di ogni singola voce, l’attenzione a chi guida. Lo spartito c’è, il percorso è tracciato, la meta chiara. Sarà un grande concerto, splendido nell’incontro con chi ha inventato la Musica.
DAVANTI ALLO SPLENDORE DI DIO
Mi fermo a contemplare, o Dio, il tuo Volto.
Non ha un’unica dimensione ed entità,
perché è sfaccettato nelle immagini
del Padre, del Figlio e del Santo Spirito,
ognuna con la sua incommensurabile forza,
ognuna incapace di essere completa senza l’altra.
Mi fermo a contemplare, o Dio, la tua gloria.
Mi sento infimo davanti alla tua grandezza,
eppure benedetto dalla tua multiforme sapienza,
che mi ha voluto discente e libero,
capace di conoscenza e di volontà,
di meraviglia e di gioia traboccante.
Mi fermo a contemplare, o Dio, il tuo mistero.
Così sfuggente da avere nostalgia di te,
così inarrivabile da continuare a cercarti,
così inimmaginabile da dovermi appoggiare
alle parole e alle opere di tuo Figlio
per riposare nella certezza della tua esistenza.
Mi fermo a contemplare, o Dio, il tuo dinamismo.
Non puoi stare fermo, ma operi incessantemente,
nelle dinamiche delle tue creature,
nella fantasia del tuo Spirito,
nella infinita ricchezza di ciò che è
e hai messo alla nostra portata.
Mi fermo a contemplare, o Dio, il tuo Amore,
incapace di essere senza comunicare,
senza partecipare, senza comprendere,
senza trasformarsi, senza svilupparsi.
Un amore da cui non posso che imparare,
se voglio muovermi nella tua direzione,
verso la pienezza.