L’Arcidiocesi di Trento presenta il Rapporto 2020 con bilancio economico (in perdita di 592mila euro) e focus sulle attività nell’anno di pandemia. Salgono a sette i bilanci degli Enti afferenti

-dal sito della diocesi-

Con la presentazione, stamani, nell’aula magna del Vigilianum, in modalità online (sul canale YouTube della Diocesi a beneficio di tutta la comunità), l’Arcidiocesi di Trento ha reso noto per il quarto anno consecutivo il bilancio proprio e di altri sette Enti afferenti.

Dopo un saluto introduttivo da parte di don Marco Saiani, vicario generale, l’economo diocesano Claudio Puerari ha illustrato il Rapporto, mentre Antonio Pacher, referente del Servizio Amministrazione e Bilancio, ha proposto aggiornamenti sulla polizza unica di assicurazione per le parrocchie e gli enti ecclesiastici. Ha moderato l’incontro Piergiorgio Franceschini, referente del Servizio Comunicazione della Diocesi.

Il Rapporto 2020, edito da Vita Trentina (disponibile in versione online sul portale diocesano e distribuito nelle prossime settimane in forma cartacea alle comunità parrocchiali), conferma il percorso nel solco della trasparenza in un anno non facile, segnato pesantemente dalla pandemia, con “poco meno di 4 milioni di vittime nel mondo, più di 127 mila in Italia, oltre 1400 in Trentino”, ricorda nell’introduzione l’arcivescovo Lauro Tisi. “Un bilancio – aggiunge don Lauro – non è un elenco arido di numeri ma disegna uno spaccato fedele di realtà. Nel nostro caso quello di una Chiesa che, in modo trasparente, spiega con linguaggio narrativo o implicito come stia provando a realizzare la propria vocazione: portare speranza a chi sente di averla smarrita, prestando la propria mano solidale”.

Il bilancio 2020 di Arcidiocesi si chiude con una perdita di € 592.037, superiore a quella registrata nell’esercizio precedente (€ 433.569).

L’andamento è influenzato, tra l’altro, dalla sensibile contrazione nel 2020 dei ricavi finanziari (‐ € 1.569.350) , a seguito della crisi indotta dall’emergenza sanitaria.

Sul versante patrimoniale, le immobilizzazioni, al netto degli ammortamenti, rappresentano l’83% del totale attivo di € 108.865.372 e sono dovute per 36,5 milioni (-2% rispetto al 2019) a terreni e fabbricati strumentali e per 23,7 milioni (-9%) a terreni e fabbricati non strumentali.  Le immobilizzazioni di natura finanziaria sono pari a 28,5 milioni (-2%). All’interno di questa quota, poco più di 27 milioni sono relativi al 21,7% del capitale dell’Istituto di Sviluppo Atesino (ISA), istituito nel 1929.

Il patrimonio netto di Arcidiocesi si attesta a € 75,9 milioni, in calo, come detto, dell’1% (- € 592.037) rispetto al 2019 per la perdita d’esercizio 2020.

I ricavi totali pari a 11.241.446 diminuiscono di € 1.200.412 (‐9,6%) per via, in particolare, della sensibile contrazione di € 1.569.350 sopra segnalata, dei ricavi finanziari che ammontano a € 1.028.154 e rappresentano il 9,1% dei ricavi totali. I contributi da privati ed enti il 31,1%; i contributi ricevuti dalla CEI (con una crescita legata all’emergenza Covid) rappresentano il 27%; i ricavi della gestione del patrimonio immobiliare (affitti, recuperi di spese e plusvalenze da cessione) il 18,6%; le tasse diocesane e le entrate da attività pastorali il 3,3%; i contributi pubblici su immobili il 7,4%.

I costi complessivi sono pari ad € 11.833.483, in diminuzione di € 1.041.943 (‐8,3%) rispetto all’esercizio precedente. Il costo del lavoro rappresenta il 25,3% dei costi “effettivi” totali.

“Anche il bilancio 2020 – commenta nella sua relazione l’Economo diocesano Claudio Puerari – conferma la debolezza strutturale dei conti diocesani già richiamata in precedenti occasioni. Non può non destare attenzione il fatto che, cominciando dal 2017, primo anno di pubblicazione del bilancio, la perdita cumulata raggiunge la considerevole cifra di 6,7 milioni di euro (9,5 milioni al netto del contributo della gestione finanziaria, n.d.r.)”.

“Tra gli elementi di fragilità – aggiunge l’Economo – spiccano le incertezze sui flussi di ricavo e l’entità e rigidità dei costi di struttura, frutto di scelte adottate in passato. Tale contesto – aggiunge Puerari – induce a proseguire con tenacia nel percorso di efficientamento operativo e di razionalizzazione degli investimenti già avviato da alcuni anni e tuttora in corso. Prioritaria attenzione viene e andrà posta ad un chiaro indirizzo del patrimonio immobiliare da destinare a scopi caritativi o alla generazione di reddito, al fine di dismettere la parte non foriera di produrre l’uno o l’altro beneficio”.